sabato 12 marzo 2011

Monte

Ho passato così tanto tempo circondata da una lingua straniera a parlare solo con i sorrisi e gli sguardi da non aver paura del silenzio. Mesi interi solo a cercare di trovare la giusta pronuncia di una vocale per farmi capire, per ordinare una birra, per trovare la via di casa.
Mesi a stare come C. , dove non bastavano parole, nulla, dove il dolore era troppo o troppo poco, dove mi riempiva.
A volte mi fermo a ricordare un'estate, un momento, una stagione. Ero lì, ho imparato a stare sola quando disperatamente volevo qualcuno da baciare.
Non ci accade nulla che non possiamo sopportare è una verità. Di un agosto nella periferia di Copenaghen non so cosà rimarrà, ma dentro di me la consapevolezza, il saper restare sola tra tutte le persone.
Io so stare anche quando non ho con chi parlare.
La metro, linea gilla fino all'ultima fermata, poi il pezzo a piedi, preparare le chiavi, il portone, la porta di casa, fare piano, la camera bianca, K. che dorme. L. che non c'è, fare pianissimo.
Di un panino mangiato una domenica pomeriggio nel centro di CPH, io c'ero. Io c'ero l'estate, io c'ero l'autunno. Di quella città che ho lasciato lì e non saprò mai se riprenderò. Dov'è? Dove sono? Dov'ero?
Di tutto e di niente. Della vita che scorre e niente lo sa.
Io di certo non lo so.
Quanta strada fatta, quanta strada percorsa.
Dove siamo? Dove inizia la poesia? Dove?
Imparo ad aspettarmi il meglio, perchè la vita può solo sorprenderci quando siamo troppo in corsa verso le lacrime e la vita che è -troppa-. Io la conosco quando la vita diventa fin troppa, quando le mattine diventano troppe lunghe per svegliarsi.
Se tu potessi promettermi di non farmi alzare troppo tardi, mai, sarebbe già la felicità.

3 commenti:

  1. sai che oggi non so proprio un bel niente neanche io...! è così facile perdersi, non trovare più il filo, i confini...

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  2. vorrei una cartina per ritrovarmi

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  3. o un navigatore, che parla anche :)

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